L’articolo
della Ciuffreda permette alcune riflessioni. La Natura che consideriamo sempre
uguale a se stessa, luogo dell’identico e del ripetitivo, è una continua
mutazione. Il movimento e la trasformazione ne costituiscono la Legge
fondamentale. La ricerca di equilibrio negli ecosistemi naturali è un processo
spontaneo, dinamico, ossia ad ogni perturbazione esterna, l’ecosistema
“risponde” ricercando un nuovo equilibrio, sicuramente mai uguale a quello originario.
Un ecosistema è un sistema aperto perché scambia materia ed energia con
l’esterno, ed è in relazione/
compenetrazione con tutti gli altri ecosistemi limitrofi, costituendo così una
fitta rete soggetta a infinite variabili. La Terra è un macro ecosistema, un
vaso con una pianta un micro-ecosistema. La capacità di un ecosistema di
riassorbire una perturbazione dipende da molti fattori, primi fra tutti, il tempo e l’entità, ossia la gravità del
danno subìto. Ma dipende anche dalla natura dell’ecosistema, dalla sua
fragilità. Ad esempio un lago, rispetto ad un fiume è un ecosistema più
fragile, e lo sono generalmente, quasi tutti gli ecosistemi con poche specie viventi
(scarsa biodiversità).Se per cause esterne viene a mancare un anello, un nodo
di un sistema siffatto, le conseguenze saranno molto probabilmente distruttive.
Ma oltre che naturali, ci sono
anche gli ecosistemi artificiali, come ad esempio un campo di grano, un filare
di pioppi, un giardino. Qui se l’intervento umano è rispettoso e sapiente, il
nuovo equilibrio si “ricompone” ciclicamente, anche in ambiente antropizzato, dimostrando tra
l’altro, come in natura non esiste il
concetto di rifiuto. Si può leggere nel Capitale di Marx: “il sistema
capitalistico ostacola un’agricoltura razionale, ovvero che quest’ultima è
incompatibile col sistema capitalistico (benchè esso ne favorisca lo sviluppo
tecnico”), ed ancora: “ ogni progresso dell’agricoltura capitalistica
costituisce un progresso non solo nell’arte di rapinare l’operaio ma anche nell’arte
di rapinare il suolo; ogni progresso nell’accrescimento della sua fertilità per
un dato periodo di tempo, costituisce insieme un progresso della rovina delle
fonti durevoli di questa fertilità.. La produzione capitalistica sviluppa…la
tecnica e la combinazione del processo di produzione sociale solo minando nel
contempo le fonti da cui sgorga ogni ricchezza: la terra e l’operaio” (C, I, pp
552-553, e III, p, 926). Ecco, qui si
comprende chiaramente l’elemento storico di rottura, frattura, con le società precedenti, il cui uso dello
spazio è sapere concreto, accumulato storicamente, fatto di leggi pratiche e di
dettagli. Lo spazio costituisce la
struttura materiale delle Civiltà: è l’ambiente, è il territorio. E dunque
Storia e Civiltà sono innanzitutto elementi organizzatori dello spazio, non
sono da questi separabili, se non per astrazione (E.Fiorani). Le società umane,
nel corso del tempo, organizzano, razionalizzano geometricamente (in
orizzontale e verticalmente) lo spazio. Questo non è solo funzionale a
spostamenti, orientamento, produzione e quant’altro, è l’essenza della
autoconservazione della specie: è la separazione con l’ambiente “esterno”, l’altro,
diverso e sconosciuto, non controllabile e quindi fonte di pericolo; in
sanscrito la parola foresta è “aranya” che significa “strano”! Ma il salto
epocale sta tutto negli ultimi cinquant’
anni, perché salta quel rapporto che vincola ambiente e società, mediato dalle
risorse. Lo sviluppo delle infrastrutture ,dei mezzi di trasporto, della telematica, le conoscenze tecnologiche,
slegano di fatto questi elementi fondamentali: le risorse si possono trovare
altrove e a prezzi più convenienti, mobilità e migrazioni muovono le persone,
fenomeni come le agglomerazioni industriali non hanno più convenienza nelle
cosiddette economie esterne. Il capitalismo, nella sua lotta di classe,
frantuma, dove può, le grandi concentrazioni industriali, indebolendo sindacati
e lavoratori. La fabbrica-Mondo è un attacco formidabile non solo ai
lavoratori, ma all’ambiente, al territorio, con una intensificazione dello
sfruttamento degli spazi che sta minando seriamente l’ecosistema Terra. Non è
casuale che a partire dagli anni ’90 (e qui nel nostro territorio è una realtà
tangibile e verificabile) “saltano” le forme e le regole di controllo e
razionalizzazione territoriale, per poi estendersi perfino a livello di Stati.
E’ qui il livello massimo , caotico, non più mediato da conoscenza e sapienza
sociale , che si ha la destrutturazione territoriale: grandi opere, infrastrutture,
crescita insensata di quartieri, ipermercati, capannoni, ecc. I disequilibri ecosistemici, purtroppo poco
percepiti, marciano ad un ritmo insostenibile, allargandosi. Non sono teorie
catastrofiste, è la pura e semplice analisi scientifica dei dati e dei fatti, e
sembra essere solo questione di tempo. Che fare? A livello individuale bisogna
acquisire la consapevolezza che ogni nostro consumo di merci( non essenziali,
superflue, alle quali si può facilmente rinunciare), mette in moto questo
meccanismo, lo moltiplica. Evitare ogni forma di spreco (acqua, energia,
rifiuti, e altro). A livello sociale e collettivo bisogna ripensare ad un altro
modello di sviluppo, e nel mentre, sostenere tutte le forme di resistenza e di
lotta, contro opere insensate come la Tav in Val Susa. Oppure reinventarsi
forme nuove collettive: a Todmorden (GB) da anni un collettivo pianta ortaggi,
alberi da frutto in spazi pubblici. Tutti possono usufruire dei prodotti,
liberamente. L’obiettivo dichiarato è quello di far diventare la cittadina
(17000 ab) autosufficiente dal punto di vista alimentare entro il 2018.
Coivolte scuole, attivati corsi, l’esperienza ha accresciuto tra gli abitanti
la consapevolezza e la coscienza sociale che altre vie sono praticabili.
Non sembra
il caso di aspettare la prima grande catastrofe!
p.s. per
ecosistema si intende un ambiente con determinate caratteristiche
chimico-fisiche (acqua, temperatura, luce, suolo, ecc) popolato da organismi
vegetali e animali, in relazione, interagenti, tra loro e con l’ambiente.
Fabio
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