L’articolo di Asor Rosa (Il Manifesto del 27/4) sul nuovo
soggetto politico è polemico e tagliente. Vediamo alcuni passaggi
significativi.
Politica. L’autore
condivide l’idea che la “democrazia rappresentativa” e quella “partecipativa”
dovrebbero integrarsi e riequilibrarsi profondamente. Non è d’accordo sul fatto
che il versante della “democrazia
rappresentativa” (partiti) sia da buttare, e l’altro, quello della “democrazia
partecipativa”, tutto da valorizzare ed esaltare; sarebbe sbagliato e autolesionista. La realtà dei 8101
comuni italiani è complessa ed eterogenea; alcuni sono virtuosi, la maggioranza
no, anzi centri di potere corrotti e di interesse privato. E’ giusta l’idea che
la democrazia partecipativa spinga per una riforma profonda e per una diversa
nozione e pratica della politica.
Principi, ideologia.
La globalizzazione non ha tolto di mezzo il fondamentale antagonismo tra
capitale e lavoro, lo ha anzi ingigantito,
reso planetario. Nel “Manifesto” non c’è traccia di questo: i nuovi
soggetti spostano il terreno dello scontro sui “beni comuni”. Se i beni comuni
sono innalzati a orizzonte ideologico e di valore del nuovo movimento, “ci si
dovrebbe chiedere non solo dove va, ma anche da dove viene un movimento così
orientato”.