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Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati.-B.Brecht

lunedì 18 giugno 2012

AMBIENTE VIZIATO All'ipermercato di Gaia



Giuseppina Ciuffreda
Viviamo su un corpo celeste che ha una sua vita ma ce ne accorgiamo solo quando la terra trema o un vulcano erutta. Relegati nei millenni lontani caldo infernale, glaciazioni e collassi, la Terra nella psiche contemporanea sembra permanere ancora immobile al centro dell'universo, nata una volta per tutte e senza più evoluzione, percezioni antiche rafforzate dall'idea moderna di una natura inerte. Nuove immagini faticano ad emergere e vengono ignorate dinamiche date per scontate e altre meno note: ogni giorno il nostro pianeta ruota su se stesso e in un anno gira attorno al Sole, i continenti si allontanano uno dall'altro per la deriva intuita da Alfred L. Wegener, la crosta terrestre scivola, idea di Charles H. Hapgood che entusiasmò Einstein e la Terra è un organismo vivo che regola la sua chimica e il suo metabolismo per mantenere condizioni propizie alla vita, su cui è necessario misurare tutte le attività produttive.
Ma anche l'ipotesi Gaia, elaborata negli anni Settanta da James Lovelock e Lynn Margulis e accettata dal consesso scientifico nel 2001, non è ancora entrata nella testa di politici, economisti, tecnici dell'informazione e nella prassi consumista di miliardi di persone: per tutti, il pianeta resta un enorme ipermercato e una miniera che può essere sfruttata all'infinito. Ma strappare alla natura quantità gigantesche di oro, diamanti, carbone, petrolio, gas, rame, stagno, terre rare, uranio, coltan e altri metalli, quali conseguenze ha su Gaia? Conosciamo la fatica dei minatori e i danni inferti all'ambiente e alle popolazioni locali - deforestazione, inquinamento, distruzione di comunità, guerre - ma non quanto colpisca l'ecosistema planetario questo scavo continuo e diffuso che penetra per chilometri con tecniche sempre più invasive, ultimo il fracking che per aumentare l'estrazione di petrolio e di gas provoca fratture nello strato roccioso. Le corporation rassicurano, i primitivi mettono in guardia. Gli U'wa, indigeni colombiani delle Ande, vivono nella foresta in contatto con i loro sciamani riuniti sulla cima della montagna ma per difendersi con efficacia usano anche Internet e mandano giovani a studiare giurisprudenza. L'unico modo per entrare nel loro territorio è salire su una sorta di canestro e "volare" su un fiume perché non vogliono strade e ponti, opere che annunciano uno sviluppo che non amano. Per anni hanno fermato le trivelle della Oxy convinti che il petrolio sia "il sangue della Pachamama" e il prelievo continuo una emorragia che esaurisce Madre Terra - ma anche Naomi Klein in un reportage sul disastro nel Golfo del Messico scrive di un "sanguinamento". L'immaginazione poetica intuisce. Nel "Signore degli anelli" Tolkien racconta la passione dei nani - fabbri e gioiellieri - per i metalli e le pietre preziose, soprattutto per il Mithril, un materiale elfico simile all'argento, leggerissimo e resistente che lavoravano magistralmente. Forgiano anche una cotta per lo hobbit Bilbo Baggins che a sua volta la dona al nipote Frodo, destinato a distruggere l'anello del potere nell'abisso del Monte Fato nel reame di Sauron, l'Oscuro Signore. I nani saccheggiano una miniera dopo l'altra e alla fine ne resta soltanto una. Avidi e ciechi, scavano sempre più in profondità finché ridestano il "Flagello di Durin", un terribile servitore di Sauron. Padrona del fuoco, la nera forma che incute angoscia e terrore distrugge il loro regno.

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