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Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati.-B.Brecht

martedì 27 marzo 2012

Monti affonda il lavoro.


Il cattivista Mario Monti dichiara che l’art. 18 sconsiglia “investimenti di capitali stranieri ma anche italiani”. Poiché lo Statuto dei lavoratori (legge 300 del 1970) c’è da oltre quarant’anni, durante i quali si sono insediate in Italia imprese da tutto il mondo, tale affermazione è falsa. Per il passato. Ma vorrebbe essere vera per l’oggi: un suggerimento alle imprese (e una minaccia agli italiani). Una manodopera docile e a bassa costo è quanto pretendono i “mercati”, di cui Monti è interprete solerte ancorché sobrio.
Se l’art. 18 sarà stravolto, cadrà l’ultima trincea a difesa del diritto al lavoro, riconosciuto dagli articoli 1 e 4 della Costituzione italiana. Infatti, questo diritto è stato reso effettivo da due tipi di norme: le une per favorire l’avviamento al lavoro (collocamento), le altre per limitare il potere di licenziare. Le prime sono già state cancellate a fine anni ‘90, sostituite da “politiche attive del lavoro” che in realtà hanno dato mano libera alle imprese nelle assunzioni. Le seconde si incardinano nell’art. 18, che prevede per le aziende sopra i 15 dipendenti il reintegro nel posto di lavoro del dipendente licenziato illegittimamente (il licenziamento individuale è disciplinato dalla legge 604 del 1966).
Monti vuole affondare il mondo del lavoro, diffondendo la peste sociale del XXI secolo: la precarietà. Non una soluzione alla crisi del capitalismo occidentale, ma l’estremo tentativo di salvare l’aristocrazia dell’1% contro il restante 99%.

Giuseppe Dimola
Vittuone (MI)

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