Motto

Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati.-B.Brecht

venerdì 8 giugno 2012

Riforma del mercato del lavoro e Art 18


Qualcuno dovrà pur dirglielo
Puntuali! Dopo le elezioni amministrative, ecco che il Senato ( a colpi di fiducia.. perché discuterne?)  approva la riforma del mercato del lavoro. Notare la sequenza logico-temporale non casuale. PDL e PD votano compatti, 231 voti favorevoli.  Sui primi nessun dubbio;  il fascistume capitanato da Berlusconi-Sacconi, avevano fatto della riforma del mercato del lavoro e dell’art 18 uno dei loro cavalli di battaglia. Teleguidati (visti i requisiti culturali della Lega e PDL, non sarebbero stati in grado di concepirla, nemmeno sotto dettatura!) dalla Troika internazionale (come Monti ora) hanno eseguito i loro compiti. E il PD? Come giustificherà  questa scelta alla sua base, presumibilmente, si spera,  a larga maggioranza contraria alla riforma e all’abolizione di fatto dell’art 18? Come lo spiegherà ai suoi milioni di iscritti alla CGIL? Come non pensare, ad un anno dalle politiche, che queste scelte aumenteranno la distanza tra un segretario che promette in TV,  lotta e cambiamenti (si ricordino e non si dimentichino le stesse “chiacchiere” fatte in merito alla riforma delle pensioni e finite nel nulla, come da copione) e le scelte operate poi in parlamento?
Si potrebbe dire e sostenere che,  data la crisi economica politica internazionale   e quella italiana in particolare, mettere in crisi il governo Monti, sarebbe stato  un atto di irresponsabilità. Due appunti  in merito: il primo è che il partito non è più il tramite tra le esigenze-bisogni del suo elettorato e lo Stato/l’impresa; secondo non ha una più sua autonomia politica. Tanto più che M. Monti dichiara: ”una riforma di profonda struttura che ha ricevuto il parere favorevole di organismi internazionali imparziali come UE,  OCSE, FMI”. Definire “imparziale “ il FMI è come negare l’Olocausto! Non la conosce la storia dei popoli dell’America latina, Africa, Asia e non da ultima la Grecia, “salvati” dal FMI? M. Monti ci fa o ci è? Invece  Anna Finocchiaro, per il PD, sostiene: “ E’ stata raggiunta una sintesi razionale, laica e direi, se non fosse una sgrammaticatura, costituzionale e riformista della regolamentazione del mercato del lavoro e penso che sarà utile all’Italia” (tralasciamo il vuoto dell’antefatto, di quale parte dell’Italia stiamo parlando?) Vediamo invece,  perché secondo noi, non sarà utile all’Italia dei lavoratori ,e solo il tempo ci darà ragione o torto.
-          L’art 18 rappresenta un insostituibile fattore di civiltà. Abolirlo o ridurlo nella sua efficacia ci riporterebbe alle relazioni industriali degli anni ’50, con il mercato del lavoro senza regole, governato dall’arbitrio dei grandi gruppi industriali, liberi di licenziare e determinati a tenere lontana la Costituzione dai posti di lavoro; l’art 18 tutela la dignità dell’uomo e non dovrebbe essere materia di pertinenza delle relazioni industriali;
-           L’abolizione dell’art 18 non avrà alcuna influenza significativa sul rilancio produttivo del paese: esso si applica alle imprese con più di 15 dipendenti e si sa che le piccole e medie imprese in Italia, costituiscono circa il 95% dell’apparato produttivo;
-          L’art 18 rappresenta uno dei punti più importanti dello Statuto dei lavoratori; se si smonta quel pilastro, è facile che si smonti anche tutto il resto: la rappresentanza sindacale, la libertà sindacale, il diritto a non essere sorvegliati, ecc.;
-          Non esiste alcuna prova oggettiva che abolendo l’art 18  aumenti l’occupazione;
-          DECIDE IL GIUDICE. La nuova normativa prevede l'esclusione dell'obbligo di reintegro per i licenziamenti economici, lasciando al giudice la facoltà di stabilire se dietro alla motivazione ufficiale del datore di lavoro ci sia un intento discriminatorio, e quindi predisporre il ritorno alle sue funzioni del lavoratore. In caso contrario c’è solo l’indennizzo economico. E’ come mettere una pistola carica in mano agli imprenditori: potranno sempre dimostrare, data l’attuale crisi, la necessità dei licenziamenti, soprattutto per i lavoratori più combattivi. Come faranno i giudici del lavoro in carenza di organico e di fondi a seguire tutte le cause? Impossibile;
-          Costituisce una importante scudo psicologico per il lavoratore, che si sente “protetto” da ricatti e vessazioni da parte del datore di lavoro;
-          Ma il punto centrale è che il contratto tra datore e prestatore di lavoro è asimmetrico,  perché le due parti in causa sono in posizione di disparità sostanziale. La debolezza del lavoratore è dovuta a due cause fondamentali: il suo salario è la fonte esclusiva, o prevalente, per lui e la sua famiglia e il mercato del lavoro lo mette in condizione di insicurezza e debolezza, per un eccesso di domanda e scarsità di offerta, ponendolo così in condizioni di sottomissione  al datore di lavoro e al suo potere direttivo e disciplinare. Da qui la legislazione del diritto al lavoro, tendente a riequilibrare tale disparità: assicurare una parità sostanziale, almeno nei rapporti giuridici. Il diritto del lavoro non ha, come finalità primaria, la crescita, il rilancio dell’economia, la dinamicità delle imprese in un Paese. Il diritto del lavoro serve (anche per favorire indirettamente il raggiungimento di questi obiettivi) a tutelare il prestatore d’opera, riequilibrando il rapporto di forza tra questi e il datore di lavoro. La tutela del contraente debole ha riflessi sociali generali e giuridici positivi contro lo sfruttamento, la diseguaglianza, il ricatto(Dario Bevilacqua)
-          La nuova riforma non elimina le decine di contratti atipici, introduce invece minori tutele come l’Aspi, riducendo così anche gli ammortizzatori sociali. Qualche ritocco qui e là ma la sostanza sarà uno strano concetto di eguaglianza al ribasso: sarà la flessibilità, invece delle garanzie, a essere estese a tutti i lavoratori, dipendenti pubblici inclusi!





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