di Giobbe
Il lavoro è nell’occhio del ciclone. La Lombardia da un
quindicennio è in declino e non crea nuovi posti di lavoro. E la Provincia di
Milano che fa? Vuole privatizzare i servizi per l’impiego e la formazione,
abbandonando così i disoccupati al loro destino (e, probabilmente, creando
nuovi disoccupati).
Cosa sta succedendo? L’amministrazione provinciale di
centrodestra ha proposto una delibera al Consiglio Provinciale per trasformare
l’ Afol Milano (i centri per l’impiego, CPI, e quelli di formazione
professionale, CFP) da azienda speciale (pubblica) a società a responsabilità
limitata (privata). Ulteriore obiettivo già dichiarato è inglobare in questo
nuovo soggetto privato le altre 5 Afol (agenzia formazione orientamento lavoro)
della provincia.
Gli oltre 300 lavoratori pubblici coinvolti verrebbero
privatizzati nel giro di un mese dall’approvazione della delibera, con la
procedura del “trasferimento d’azienda” (art. 2112 Cod.civ.). Una scelta
insensata: avrebbe senso solo per le attività a valenza economica, da cui poter
trarre un utile, non per servizi in cui le entrate sono essenzialmente
contributi pubblici (UE, Regioni, Province). Una scelta antipopolare e,
probabilmente, anticostituzionale: il diritto al lavoro viene subordinato
unicamente alla logica economica.
Cambierebbe radicalmente la filosofia di tali servizi, che
verrebbero orientati al profitto (utili o almeno il pareggio di bilancio), e in
breve tempo comincerebbero a licenziare i dipendenti (l’anno scorso Afol Milano
ha avuto un deficit di circa 250mile euro, ripianato dalla Provincia).
Il paradosso è che, quando nel 2008 la precedente
amministrazione di centrosinistra creò le Afol e gli trasferì le necessarie
risorse economiche, volle prevedere un aumento degli addetti dei CPI. Infatti,
mentre in Italia il rapporto era di 8,4 addetti ogni 1000 disoccupati (9,4 in
Francia; 23,1 in Germania; 45,2 in Svezia; 58,7 in Gran Bretagna), in Lombardia
era di 7,3 e in Provincia di Milano addirittura solo di 2,3.
Se passasse questa proposta della Provicia di Milano (unica
in Italia) verrebbe assestato un colpo durissimo, forse definitivo, al diritto dei
lavoratori (soprattutto, quando perdono il lavoro) e ai servizi pubblici
universali, cioè per tutti.
L’Italia (e non solo) sta attraversando la crisi più grave
del dopoguerra. A pagarla sono per primi i lavoratori. Secondo l’Istat il
numero di chi ha lavoro è diminuito ancora (ad aprile erano meno di 23 milioni,
il 57% della popolazione attiva, uno dei livelli più bassi in Europa). E i
disoccupati sono arrivati a 2,6 milioni, il 10,2% e - tra i giovani – addirittura
il 35,2%.
Secondo la Cisl, in Lombardia ci sono 367 mila disoccupati,
93 mila in più dell’anno scorso: il tasso di disoccupazione è passato in un
anno dal 6 al 7,9%.
Di fronte a questa emergenza occupazionale, anche in
Lombardia, anche nel milanese, la Provincia di Milano fa dietro front. Infatti,
nel programma amministrativo della Giunta Podestà presentato nel 2009, c’era
scritto che occorreva “revisionare le
Agenzie di Formazione e Orientamento al lavoro tornando al modello dei Centri per l’Impiego, generando così
risparmi ed efficienza”. Insomma, si doveva tornare pienamente al
modello pubblico, dopo l’esternalizzazione (con la creazione delle agenzie
Afol, comunque pubbliche) attuata nel 2008-2009 dalla precedente Giunta Penati.
Invece, con una svolta di 180°, Podestà vira verso la piena privatizzazione di
servizi basilari dello Stato sociale come sono quelli per il lavoro e la
formazione. Si dice che così saremo pronti alla Città metropolitana (in cui
dovrebbero fondersi Provincia e Comune di Milano), ma in realtà si priverebbe
l’amministrazione pubblica di un fondamentale strumento di politica sociale.
I dipendenti provinciali delle Afol sono già in stato
d’agitazione: a Milano il 2 luglio ci sarà sciopero. Ma non basta! Deve
ribellarsi l’opinione pubblica, i movimenti, i partiti, tutti quelli che
pensano che non si può favorire lo sviluppo e la crescita mortificando i
lavoratori e sacrificando i disoccupati sull’altare del bilancio.
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