Motto

Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati.-B.Brecht

lunedì 12 marzo 2012

VITTUONE: Bosco del “Bacin”

In un articolo sull’ultimo Città Oggi, a dir poco entusiastico, si afferma che : “la conferma di un importante arrivo mette tutti d’accordo”, e a caratteri cubitali:” CHANEL avrà una sede nel Bosco del “Bacin”; il complesso aziendale consentirà la creazione di oltre 300 posti di lavoro”. Tutti felici: “l’Amministrazione comunale che aveva intravisto in questo progetto un importante sviluppo commerciale e produttivo per l’interesse della cittadinanza ; la Tecno-in che vede la possibilità di realizzare un grande “Parco Tecnologico”; Legambiente che è riuscita a far aumentare la superficie a verde, ottenendo un contributo di 5000 euro l’anno, per 20 anni, per la manutenzione dell’area. Ed ancora:” più importanti saranno i benefici per la cittadinanza. L’arrivo di un importante insediamento industriale di Chanel, darà a Vittuone occasioni di lavoro, sviluppi economici per tutto l’indotto derivante da tale presenza, notorietà e prestigio”.

A margine si scopre che dei 220.000 mq di bosco, 85.000 mq (8 campi di calcio) sono adibiti a “Parco tecnologico”, nome altisonante che subito fa pensare ad una area di Ricerca e Sviluppo, invece si tratta di edifici ad uso industriale e alberghiero. Il tutto condito, come al solito,  da specchi d’acqua, piste ciclabili e strade pedonali. Prescindiamo dal latore della notizia. Diciamolo, i nostri amministratori locali,  vuoi per fini elettorali, ambizioni personali, e quant’altro, non hanno capito molto, salvo qualche rara eccezione, del processo di globalizzazione. Non fa eccezione la Lega Nord, paladina a parole della difesa e tutela del territorio, ma nei fatti, corresponsabile della destrutturazione dello stesso. In tempi di crisi, si gioca naturalmente sui posti di lavoro. Tanto promessi nelle strutture già realizzate, dovevano essere 300 anche per il Destriero, nella RSA, al Bennet di Sedriano, eccetera, ridimensionati miseramente poi nel numero, ma soprattutto nella qualità: precariato sotto-mal pagato, non tutelato, ricattabile e stra-sfruttato. Si dirà, meglio di niente visti i tempi. Filosofia questa, che a lungo tempo porta solo a condizioni di vita peggiori, perché ci si adatta e non si ricercano soluzioni collettive alternative. Però c’è la crisi, e qui in controtendenza si realizzeranno edifici ad uso industriale (di che natura?), quando nel magentino c’è un’ecatombe di fabbriche in crisi. Addirittura si parla di indotto!? Ci sorgono dei dubbi, sensati, che la multinazionale, in vista dell’Expo 2015, impianti un’attività momentanea, e ci lasci in eredità scheletri industriali o commerciali, determinando un cambiamento della destinazione d’uso delle aree, facendone lievitare i prezzi,  aumentando così la speculazione dei suoli e poi mettere in crisi la poca economia locale rimasta. La collocazione vicino l’autostrada di Arluno e gli alberghi, rafforzano questa idea. Ma il punto centrale è proprio questo: si tratta di una multinazionale. Cerchiamo di capire. Una multinazionale per creare reti globali, ha bisogno dei sistemi locali, che diventano dei nodi, collegati tra loro da flussi di persone, capitali, merci, informazioni. In genere, il rapporto dei sistemi locali (paesi, città, distretti industriali, ecc.) è un rapporto di dominanza-dipendenza che porta a cancellare le identità locali e a destrutturare il tessuto produttivo e sociale, congestione del traffico, inquinamenti, aumento del costo della vita. Ovvio che più nodi si formano, più il sistema si autoalimenta. Più i nostri amministratori “svendono” il territorio, più si è dipendenti dall’esterno , anche nei beni di prima necessità: alimenti, vestiario, oggetti, ecc. Tutto diventa “terra di conquista”: i nostri imprenditori vanno in Romania, i francesi vengono da noi, e via dicendo, in un vortice che si sta avvitando su se stesso,  ed è una delle cause della crisi internazionale. Si può resistere alla globalizzazione? Certo che sì: valorizzando le risorse territoriali in modo da innescare un processo di sviluppo che produce e sedimenta sempre nuove risorse, dette “capitale territoriale”, come le capacità imprenditoriali e organizzative locali, specializzazione in certi mestieri, infrastrutture e servizi pubblici, festival e manifestazioni culturali periodiche, attitudini cooperative. Queste offrono maggiori garanzie di continuità, anche nei periodi di crisi, grazie al capitale territoriale accumulato, flessibile, in grado di intraprendere nuovi cammini di sviluppo, se necessario. Ma bisognava proprio pensarlo diversamente il destino del Bosco del “Bacin” e soprattutto essere in grado di farlo!
Legambiente: va bene salvare il salvabile, anche se l’”abbraccio” può risultare, se non si è molto accorti e vigili, pericoloso. Un’idea poteva essere costituire una cooperativa di giovani disoccupati nella gestione della manutenzione, pretendendo così, proprio per il valore sociale e ambientale, di più.
Una scheda infine, per far capire come “notorietà e prestigio”, ai tempi della globalizzazione, sono solo delle fagianate immani!
In un centro commerciale di Ipswich (GB) c’è il Cromwell’s Madhouse, negozio pieno di felpe, pantaloni sportivi, jeans. Il nostro Jeans è reclamizzato come “Grandi Marche a 29,95 sterline”. Cromwell’s è l’ultima fermata di un percorso che se lo si misurasse, sarebbe una volta e mezzo il giro del Mondo! A Ras Jabel (Tunisia), 500 donne lavorano furiosamente per fare cerniere lampo, tasche, cuciture laterali, orli. Il cotone viene portato da una azienda di Milano, dove viene filato, tessuto e tinto, usando l’indaco sintetico (prodotto a Francoforte-Germania). Il cotone è comprato dall’azienda italiana in Benin (Africa occ.) , mentre quello interno è coltivato e lavorato in Pakistan. La fibra in poliestere, che dà forza al filo, viene dal Giappone, come i denti della lampo. Il nastro di poliestere della lampo dalla Francia
Fonte: testo di F. Abrams e J. Asti “The guardians”, 2001

2 commenti:

  1. Rileggendo il post mi sono accorto che manca un aspetto fondamentale: chi finanzia l'opera? Particolare non da poco, visti i tempi. Ecco, anche sui tempi di realizzazione non c'è traccia nell'articolo di Città Oggi. L'unico elemento relativo ai costi si trova in un passaggio dove si legge:" la Tecno-in vede la possibilità di realizzare un grande "Parco Tecnologico" per il quale sono già state investite molte risorse a livello di progettazione" Da chi e quando (particolare quest'ultimo non trascurabile), non si sa. Salut

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  2. Bell'articolo, che spiega bene la storia infinita del Bosco del Bacin.
    Qualcuno obietterà che questo è solo un punto di vista, rispettabile , ma un punto di vista.
    Eh no signori belli.
    E' proprio (sigh) così la storia.

    Luca

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