Motto

Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati.-B.Brecht

domenica 25 settembre 2011

ART 8 LA RESA DEI CONTI

Storicamente, le crisi economiche sono il momento di maggiore debolezza della classe operaia e dei lavoratori in genere. Disoccupazione, cassa integrazione, licenziamenti, ed oggi, precariato diffuso, determinano una disgregazione sociale, politica ed economica, difficilmente ricomponibili. Almeno nel breve e medio periodo
. Ora, dato che il capitale e i governi, dopo la crescita continua del saggio di profitto dell’ultimo ventennio, “congelino” la crisi, non attuando politiche ed interventi seri per superare lo stato delle cose, ci porta a pensare ad un suo uso scientifico per regolare gli ultimi conti con il mondo del lavoro. In breve, la crisi diventa lo strumento per smantellare gli ultimi residui di resistenza operaia e sindacale, smantellare le tutele, in Italia come in Grecia, Irlanda e Portogallo e via a seguire. Certo la caduta della domanda a seguito della riduzione consistente del salario reale è indiscutibile. Non ci sono neppure dubbi sul fatto che il mercato globale nei paesi occidentali soffre di un modello di produzione e consumi diventato insostenibile. Eppure, modelli di sviluppo alternativi, fattibili, possibili, vengono indicati da molti economisti, ma scarsamente o del tutto ignorati.  E’ evidente che era il momento giusto per colpire e annullare i diritti dei lavoratori, per riportarli alla situazione degli anni ’50. Naturalmente in Italia l’operazione più sporca! Perché l’art.8 consente ai contratti aziendali ( o territoriali) di derogare non solo ai contratti collettivi nazionali ma anche alle disposizioni di Legge. Gerarchicamente, la Legge viene prima del contratto collettivo e individuale, perché i lavoratori devono essere protetti anche da se stessi, contro la loro debolezza e ricattabilità. Sacconi e Confindustria vogliono eliminare le tutele legislative dei dipendenti; così che a livello di impresa, basta concordare con il sindacalista locale, ricattabile o corruttibile, per poter licenziare. Magari partendo dai soggetti più combattivi e resistenti. Si pensi, visto che a decidere sono i sindacati più rappresentativi, ai casi di Pomigliano e all’attacco alla FIOM, oppure dove ci sono rappresentanti dei sindacati di base. O nel Nord-est, dove potrebbe prevalere il Sin.Pa. , il sindacato della Lega. Ed ancora, il rischio che le aziende escano da Confindustria per modificare le Leggi sul lavoro, mettersi d’accordo direttamente con i delegati delle fabbriche. O le eventuali intese tra sindacati ed aziende sulle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate o a progetto e le partite IVA. Il che significa che il sindacato potrebbe sottoscrivere dei contratti che prevedono l’impiego di lavoratori autonomi, come lavoratori dipendenti. Aumentando così il ricatto sugli occupati.  Tutto questo perché non ci sono altre vie di uscita, si dirà,  prendere o lasciare. La frammentazione dei contratti di lavoro indebolisce ulteriormente i sindacati confederali  nazionali più combattivi, questo il principale obiettivo del Governo. Ma aggrava ulteriormente i  lavoratori, perché il contratto nazionale di aziende importanti, funzionava da “volano” per tutte le altre sul territorio nazionale. Quale sarà il risultato? Le possibili svendite “al minuto”a livello aziendale porteranno il caos a livello legislativo, vertenze, ulteriore indebolimento della solidarietà, perché ognuno sarà costretto a difendere la propria “cittadella”. Quello che volevano!

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