La Giunta provinciale non rispetta l’impegno vincolante in
base al quale Guido Podestà è stato eletto Presidente nel 2009. Il programma
prevede di revocare l’esternalizzazione avvenuta quattro anni fa con le Afol,
aziende speciali pubbliche cui è affidata la gestione dei servizi per l’impiego
e la formazione (CPI e CFP). Riportare all’interno tali servizi dovrebbe
assicurare “risparmi ed efficienza” e riunificare la gestione in un unico
soggetto. Invece, adesso Podestà vuole la privatizzazione: subito formale, con la trasformazione dell’Afol
Milano in società privatistica a capitale pubblico, in futuro anche sostanziale, con l’ingresso illimitato
di soci privati. Si può fare?
Sì, se tali
servizi avessero lo scopo di produrre utili; però in tal caso non si potrebbe
mantenere “una esclusiva del servizio”: occorrerebbe una gara, dopo aver
verificato - con delibera da pubblicizzare e inviare all’Autorità garante della
concorrenza e del mercato (art. 2, Dpcm 168/2010) - la realizzabilità della liberalizzazione. Ma ciò
non è avvenuto.
No, se tali
servizi sono “privi di rilevanza economica” (come sostenuto anche dal consulente
legale della Provincia, l’avvocato Valerio Menaldi, nella Commissione Lavoro
del 28 giugno), la legge non prevede la possibilità di costituire società di
capitali, che hanno uno scopo lucrativo incompatibile con la gratuità prevista per i servizi in questione
(stabilita dalla Convenzione OIL 181/97, ratificata dall’Italia nel 2000).
Ma allora, perché Podestà imita il sistema ciellino
dell’amico-nemico Roberto Formigoni? La privatizzazione dei servizi (oggi Afol,
domani altri) sembra ispirarsi al “modello lombardo”, affermatosi negli ultimi
17 anni sotto la guida del “celeste”. Inaccettabile per i sindacati e probabilmente
illegittima alla luce delle norme attuali, la scelta della Giunta Podestà è affrettata
(lo scorso 16 maggio il DG della Provincia, Mario Benaglia, diceva ai sindacati che era attesa una
posizione della Regione, ma riteneva che non si andasse verso la
privatizzazione), ma pare un modo per sopravvivere sul mercato politico in
subbuglio.
Infatti, è in atto in Lombardia – a Milano in particolare –
un terremoto economico e sociale che ridisegna la mappa dei poteri. La vicenda
delle Assicurazioni Generali (la più grande compagnia assicurativa italiana e
una delle maggiori nel mondo ha sfiduciato e sostituito il Group Ceo). La crisi
del Gruppo Ligresti. L’attesa per la scelta dei nuovi Vicari episcopali da
parte dell’arcivescovo di Milano, Angelo Scola (il “governo” della diocesi
ambrosiana sarà “ciellizzato”?). L’incertezza per Expo 2015. La bufera
giudiziaria sulla Giunta Formigoni e sul Consiglio regionale. Senza dimenticare
le ultime elezioni amministrative, dove Pdl e Lega sono crollate. L’elenco
delle scosse virtuali è lungo. Dai primi anni ’90 “la Lombardia ha smesso di essere la regione italiana caratterizzata
dalla dinamica più espansiva, per diventare una delle aree del nostro paese
maggiormente stagnanti” (Rapporto su Milano sociale, CCIAA, 2007). Il “modello lombardo”, ispirato
da Comunione e Liberazione (CL) e dal suo braccio economico, la Compagnia delle
opere (CDO), non ha invertito la tendenza e ha aperto le porte alla recessione.
Nell’attuale crisi mondiale, la politica - incapace di imbrigliare
il finanzcapitalismo - cerca nuove forme di consenso, riassumibili nella
formula: “controllo privato delle
risorse pubbliche”.
Lo scenario internazionale vede i paesi sviluppati non
crescere più: è saturo il mercato dei beni di consumo di massa, che comunque
conviene produrre nei paesi emergenti
del Bric. I “mercati” rincorrono i profitti nella speculazione (una
droga che presenta spesso il conto: crisi subprime, spread) e , anziché
investire nella produzione, cercano
profitti nell’economia della riproduzione.
Come? Pretendendo la liberalizzazione dei servizi di Welfare: sanità e scuola soprattutto,
ma anche “mercato del lavoro” (che “mercato” non è, poiché il lavoro non è una merce, come
ha sancito l’OIL fin dal 1944).
Nello scenario italiano spicca il “modello lombardo”: il
pubblico indica le regole per i servizi (e li controlla?), il privato li
gestisce. In realtà, questi privati hanno stretti e ambigui rapporti con i
politici, che spesso li nominano direttamente a capo di aziende controllate.
Già il 7 giugno 2005 il Corriere della
Sera scriveva che CL e CDO in Lombardia “determinano la quasi totalità
delle scelte politiche e amministrative, di fronte a un peso elettorale che non
raggiunge un decimo dei voti di Forza Italia”(un peso ce l’hanno anche Lega ed
ex Msi). Giorgio Morale, in un articolo per il mensile Lo Straniero (giugno 2012), rivela che dal 1995 il Presidente della
Regione, Roberto Formigoni, e il Segretario Generale della Giunta, Nicola
Sanese, “manovrano nomine che spesso vedono alternarsi gli stessi uomini a
dirigere fiere, ospedali, banche, società di trasporto e di costruzioni, enti socio-assistenziali
e formativi”. Secondo Morale, il sistema ciellino in Lombardia è una “terza
via” tra statalismo e liberismo, dove la destatalizzazione favorisce forme di “neopatrimonilismo
associativo” (un governo oligarchico, centrato sulla CDO, che controlla le
risorse pubbliche). Conclude Morale che “così si indebolisce la democrazia,
poiché delegando a privati funzioni e servizi si creano canali di accesso a
risorse pubbliche non controllate dalla pubblica amministrazione”. Ne
conseguono conflitti d’interesse e nuove forme di corruzione, come il traffico
di influenze, di cui sta discutendo ora il Parlamento italiano per adottare una
legge che l’Europa ci chiede da 10 anni.
L’improvvisata proposta di Podestà si inquadra in tale
contesto: l’Afol Milano sarebbe trasformata in una Srl mista pubblico/privato
(se le altre Afol non entreranno, sarà la Provincia ad uscire, secondo Gisella
Biroli, capogabinetto di Podestà), i suoi vertici saranno nominati direttamente
e soggetti solo a un controllo formale.
Chissà se c’è già un accordo con Formigoni, visto che spesso
nel Pdl si trovano su fronti contrapposti.
Certamente è contrario alla privatizzazione il Comune di
Milano, che ha chiesto un tavolo di confronto con Provincia e Regione (in base
all’articolo 23 del decreto 201/2001, saranno le Regioni ad affidare a Comuni e
Città Metropolitane le funzioni svolte finora dalle Province, cui resta un
semplice ruolo d’indirizzo e coordinamento). Il programma di Pisapia prevede
l’ingresso al 50% in Afol, ma la Provincia - a corto di soldi - vorrebbe
trasformare questo impegno in capitale della nuova Afol Srl.
Il giro d’affari è notevole: il bilancio 2010 dell’Afol
Milano superava i 13 milioni di euro, con le altre Afol della provincia sarebbe
più del doppio; i finanziamenti pubblici (il grosso delle entrate) sono
variabili, comunque lo stanziamento regionale del sistema doti lavoro per il
2012 è di 103 milioni di euro. Il bacino d’utenza è rilevante: quasi 400mila i
disoccupati, oltre un terzo nel milanese, su una popolazione lombarda di quasi
9 milioni di abitanti (oltre 3 nella provincia di Milano); centinaia di
migliaia anche gli interessati alla formazione, in particolare giovani e
cassintegrati in deroga.
Che dire dunque del tentativo di Podestà di privatizzare i
servizi pubblici che aiutano le persone a trovare lavoro? Si potrebbe commentare
come Bonanni (Cisl), all’assemblea di Confcommercio il 21 giugno, sulla
spending review di Monti: il governo “sta mostrando la massima
irresponsabilità”, “se vogliono riformare il pubblico” piuttosto agiscano
contro le “lobby”. O come Quinzi (Confindustria): è una “boiata”!
La reazione dei dipendenti di Provincia e Afol è in corso. C’è
scontro: l’amministrazione ha negato l’assemblea nel cortile di Palazzo
Isimbardi (ventilando l’intervento della forza pubblica) e intende aprire la
trattativa sindacale solo dopo l’ok sulla delibera di privatizzazione (che
privatizza anche i dipendenti pubblici). Le opposizioni in Provincia hanno
ottenuto un rinvio del parere nelle Commissioni competenti (ma il rappresentante
della maggioranza ha già preannunciato il voto a favore della Srl). In Regione,
Francesco Prina (Pd) ha presentato un’interrogazione in merito.
I grandi mezzi d’informazione tacciono, ma l’opinione
pubblica ha diritto di sapere per scegliere.
(i due articoli precedenti sono stati pubblicati il 15 e il 19 giugno)
Domani 02/07/12 sciopero dei dipendenti del Centro per l'impiego di Milano - Afol Milano, struttura che gestisce un flusso di utenza di circa 90.000 utenti all'anno a fronte di un continuo e immotivato taglio del personale. Siete invitati a presentarvi domani mattina alle ore 9.00 davanti agli uffici della nostra sede di V.le Jenner 24 per ascoltare le nostre ragioni, sarete i benvenuti. Cordialmente, una dipendente
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