Motto

Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati.-B.Brecht

martedì 20 dicembre 2011

Nel sistema mondo


 Dati 2010  dal “Sole 24 ore” 6 agosto  si ricava:
-Pil 74.000 miliardi
-Borse 50.000 miliardi
-Obbligazioni 95.000 miliardi
-“altri” strumenti finanziari 466.000 miliardi
La produzione reale, merci e servizi (74.000 mld) è pari al 13% degli strumenti finanziari (economia di carta), tolte le Borse, illusoriamente riferite all’economia reale. E’ il fenomeno della finanziarizzazione dell’economia, esploso negli ultimi trent’anni e resosi autonomo dal capitale produttivo.  La sua dimensione e autonomia rendono, apparentemente, conflittuali gli apparati dello Stato e il capitale finanziario. I dati suddetti indicano una trasformazione di fondo del capitalismo
Al processo di produzione capitalistica
D-M-D*, dove D* è maggiore di D per la creazione di plusvalore, viene sostituito da D-D-D (denaro-denaro-denaro). Il capitale nella sua produzione di merci e servizi, “creava” un antagonista (i lavoratori) che gli sottraevano risorse ma che erano anche uno stimolo per raggiungere nuovo sviluppo, avanzamenti tecnologici e organizzativi. I lavoratori nel contempo, attraverso lotte sindacali e politiche riuscivano a conquistare diritti di cittadinanza sempre più estesi. In questo rapporto, lo Stato funzionava da “intermediario” nella tutela dei diritti e scaricava su di sé la pressione dei lavoratori operata sul capitale. Questa è ovviamente una semplificazione estrema che non tiene conto delle mille sfaccettature, diversità e particolarità che hanno caratterizzato questo processo storico.  Ma cosa succede nella società con il prevalere del processo D-D-D?  Simultaneamente tre cose che tendono a cambiare natura alla società:
-          è il “gioco” nel mercato finanziario che costituisce la componente principale della produzione di “ricchezza”
-          il capitale finanziario è impalpabile, non può essere contrastato da chi ne subisce gli effetti negativi; è impersonale, contro di esso non si può scioperare, diventa una entità metafisica,  ma pesante sulla vita di ciascuno
-          la relazione triangolare capitale-lavoro-Stato,  poiché il capitale finanziario non ha “corpo”, si frantuma; lo Stato sotto le spinte del mercato, del debito, ecc è sotto scacco della finanziarizzazione globale ed opprime il popolo. Come? Togliendo tutti i diritti e tutele che erano necessari a garantire la pace sociale da un lato, e il capitale produttivo dall’altro.
Il debito italiano ,1900 miliardi di euro, se non si crede alla favola che il paese è vissuto al di sopra delle sue possibilità (la si vada a raccontare ai milioni di lavoratori dipendenti, in nero, ai precari, ai pensionati) è il risultato di evasione fiscale, corruzione, elusione, sprechi, inefficienza politica e amministrativa e non certo dovuto al costo troppo alto dei diritti di cittadinanza (scuola, salute, casa, pensioni, ammortizzatori sociali, ecc). A conti fatti, il debito,  poteva essere ridotto fino a 600 mld di euro (38% del Pil e non il 119% attuale) se s i fossero perseguite serie politiche di contrasto all’evasione, ecc.
La speculazione finanziaria si è concentrata sui titoli sovrani (e sulle banche che li possiedono) dei paesi con governi “deboli” perché non in grado né di combattere la speculazione, né capaci di opporsi ai sacrifici imposti ai propri popoli per pagare i debiti (nel caso degli ultimi governi a guida Berlusconi si può pensare seriamente ad una scientifica  accelerazione del fenomeno). Il risultato è una ulteriore polarizzazione della ricchezza e nell’impossibilità che eventuali manovre (come l’ultima del governo Monti) possano intaccare minimamente la speculazione in atto, perché la massa delle risorse finanziarie che la speculazione mette in campo è tale da non essere toccata  se non lievemente. Non pagare il debito è una scelta politica che un governo potrebbe fare, anche perché il debito pubblico italiano è detenuto per il 44% all’estero e nel 56% interno, solo il 14% è dei  piccoli risparmiatori (la quota restante da istituzioni bancarie e assicurative italiane e straniere). Non pagare si può fare in tanti modi (concordati, massimali di capitali, ecc) dipende dalla forza politica del governo e soprattutto dalla sua linea strategica. Colpire le “tasche” degli speculatori è l’unico modo per combatterli e perché l’economia possa riprendersi su basi diverse. Si tratta di affermare un modello diverso di produzione e di società. Oggi siamo al bivio: o la dilatazione della  violenza del nuovo capitale e dello Stato, o la modifica della società nel cambiamento dell’impresa, del rapporto sociale di produzione, della qualità della democrazia, della libertà individuale, dell’ambiente. Processo lungo da  sperimentare e da inventare quotidianamente, senza ricette, unici requisiti: intelligenza politica, forza, pazienza, solidarietà. Troppo?


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