Motto

Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati.-B.Brecht

mercoledì 3 agosto 2011

LETTURE AGOSTANE


Jared Diamond “Collasso”- Come le società scelgono di morire o vivere-Einaudi Ed 2007
Jared Diamond biologo e fisiologo,  docente  all’Università di Los Angeles, autore dell’imperdibile:”Armi, acciaio e malattie”(1997), analizza scientificamente le cause che hanno portato alcune passate civiltà al crollo o alla sparizione. Per crollo intende: ”una riduzione drastica del numero della popolazione e\o della complessità
politica, economica e sociale in un’area estesa e nel corso di un prolungato lasso di tempo ”. E si chiede, se anche la nostra società, con il suo benessere, potrebbe essere vittima dello stesso destino. L’origine di queste fini misteriose hanno avuto inizio, almeno in parte, da un suicidio ecologico non voluto o ecocidio. Le pratiche di distruzione vengono così riassunte in 8 categorie ( che chiaramente hanno inciso a diversi gradi, nelle situazioni esaminate): deforestazione e distruzione dell’habitat,  gestione sbagliata del suolo (con conseguente erosione, salinizzazione e perdita di fertilità, cattiva gestione delle risorse idriche, eccesso di caccia, eccesso di pesca, introduzione di nuove specie, crescita della popolazione umana e aumento dell’impatto sul territorio. Ai problemi sopraelencati, oggi, (vedi Somalia e Ruanda), aggiunge: i cambiamenti climatici, accumulo di sostanze chimiche tossiche, carenza di risorse energetiche ed esaurimento della capacità fotosintetica della Terra. Sviluppa queste tesi con rigore scientifico, senza eccedere nel catastrofismo. Analizza fatti, dati, si pone domande, alle quali, usando il metodo di comparazione, articola le risposte.
Il crepuscolo degli idoli di pietra
Tra le molte civiltà analizzate, quella che ha sempre suscitato maggiore interesse , curiosità e mistero, è senza dubbio quella dell’Isola di Pasqua. Posta a 3700 km a est del Cile è la più isolata e famosa ,  per le sue statue di pietra (moai) alte dai 4 ai 21 m,  con un peso  compreso tra le 10 e le 270 t. La popolazione polinesiana che abitava un tempo l’isola,  non possedeva gru, ruote ,macchinari, animali da traino, poteva contare solo sulla forza muscolare. Quando arrivò il primo esploratore, l’olandese J. Roggeveen nel 1722, si trovò di fronte ad una terra arida, senza alberi di alto fusto. Si chiese come gli isolani avessero potuto innalzare statue così imponenti. Mistero che perdurò per molto tempo.  Studi e ricerche provano che la popolazione era più numerosa di quella allora riscontrata dai visitatori europei tra l’otto-novecento (stima dai 6000 ai 30 000 ab.). Le risorse naturali erano abbondanti, con suoli fertili perché di origine vulcanica. Società divisa in classi con capi e sacerdoti in “relazione “ con gli Dèi. Infatti l’innalzamento di centinaia di statue, rappresentanti antenati illustri, voluta da clan e capi rivali che commissionavano statue sempre più grandi, doveva costare molto in termini di sostentamento alimentare. In più si utilizzarono funi e alberi di alto fusto per il trasporto e l’innalzamento delle statue poggiate su grandi piattaforme (ahu) lunghe anche 150 m e alte 4 m. Furono i primi coloni ad iniziare ad abbattere gli alberi di alto fusto (900 dc) e la deforestazione era  già completata nel 1722.  Il declino fu inesorabile: perdita di materie prime e di fonti alimentari spontanee, diminuzione della produzione agricola e desertificazione. Mancanza di alberi per la costruzione di canoe per la pesca in alto mare. Gli ultimi moai, secondo le tradizioni orali, furono eretti intorno al 1620. La mancanza di cibo provocò una guerra civile totale, fino ad abbattere gli stessi moai (in seguito risollevati). Gli occidentali introdussero, poi, malattie letali e la deportazione come schiavi. Diamond analizza il perché questo si è verificato nell’Isola  di Pasqua e non in quelle vicine. Afferma che l’isola, priva di contatti con le altre, caratterizzata da un ambiente naturale fragile,
a seguito della deforestazione e l’estinzione di specie animali native, insieme ai fattori politici, sociali e religiosi, produsse indirettamente comportamenti distruttivi.
All’intelligenza dei lettori eventuali collegamenti.
Buona lettura

2 commenti:

  1. è pazzesco pensare che le civiltà che si autodistruggono sono quelle che vogliono lasciare segni indelebili di sè

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  2. In effetti guardando indietro gli esempi negativi si sprecano..hai ragione.
    Non fossiliziamoci troppo pero', è vero che dagli errori di civita' sbagliate si impara ma cerchiamo anche di essere propositivi e di riportare anche qualche esempio positivo

    Chiara G

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